Geol. G. Piffer, Ph.D. M. Rinaldi; Waterstones S.r.l.

Il controllo dei fenomeni di crollo e più in generale dei movimenti franosi dei pendii in roccia si basa generalmente sulla definizione del quadro geomorfologico, litologico e strutturale locale. In particolare la conoscenza delle caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso e la definizione delle condizioni di circolazione idraulica dovrebbero permettere l’elaborazione di un modello cinematico che preveda gli spostamenti nel tempo fino alla eventuale rottura del pendio.

In molti casi l’elaborazione di un modello cinematico realistico che consideri le variazioni dello stato tensionale agente in profondità in funzione del tempo e dei relativi mutamenti stagionali risulta estremamente complesso e di difficile valutazione. In tali situazioni è pertanto fondamentale ricorrere all’utilizzo di sistemi di monitoraggio in grado di misurare le deformazioni e gli eventuali spostamenti nel tempo dell’ammasso roccioso o di porzioni di esso.

L’acquisizione e l’analisi dei dati per mezzo del monitoraggio permette l’affinamento del modello cinematico ipotizzato attraverso l’accertamento dell’entità e dello sviluppo delle deformazioni in atto. Esso rappresenta quindi lo strumento principale per la valutazione delle potenziali aree a rischio e per stabilire le condizione di esposizione ai danni materiali ed economici del sito, in funzione dell’intensità del fenomeno atteso (vulnerabilità).

Le deformazioni gravitative nei pendii in roccia sono generate da movimenti significativi in corrispondenza dei piani disgiuntivi principali. In linea generale la stabilità dei pendii in roccia è quindi controllata dall’assetto strutturale dell’ammasso roccioso, dalla temperatura e dalle variazioni del contenuto e dello stato fisico dell’acqua (liquido/solido) all’interno delle discontinuità stesse.

Prima di predisporre un programma di monitoraggio strumentale di pendii in roccia, è necessario che vengano sviluppate una o più ipotesi di lavoro riguardo la geometria degli elementi instabili e dei relativi cinematismi di rottura. In via preliminare risulta pertanto di primaria importanza identificare i sistemi disgiuntivi principali interessati dalle deformazioni in atto.

Sulla base della valutazione del potenziale cinematismo di rottura che si può innescare lungo le discontinuità principali dell’ammasso roccioso è possibile dimensionare un sistema di misurazione strumentale delle porzioni instabili ritenute più significative.

La strumentazione più frequentemente impiegata nel monitoraggio di ammassi rocciosi prevede il controllo topografico con mire ottiche, il controllo dell’assetto mediante clinometri di superficie, il controllo di movimenti con estensimetri multibase in foro di sondaggio, il controllo di movimenti con fessurimetri elettrici lungo discontinuità superficiali ed il monitoraggio microsismico.

In questo ambito il monitoraggio geomeccanico di discontinuità superficiali, rappresenta sicuramente una tra le metodologie più semplici ed economiche. Sulla base dell’esperienza sviluppata dalla Waterstones S.r.l. in questo settore, riteniamo che tale tipo di monitoraggio debba possedere alcune caratteristiche che valutiamo come rilevanti:

  • – la necessità di eseguire un monitoraggio in continuo dell’attività delle discontinuità superficiali attraverso la centralizzazione degli strumenti installati ad un acquisitore automatico;
  • – la necessità di protrarre il monitoraggio strumentale per un arco temporale sufficientemente prolungato, almeno di un anno;
  • – la necessità di misurare la temperatura dell’aria in sito. I fessurimetri più frequentemente utilizzati nel monitoraggio geomeccanico sono di 2 tipi: trasduttori potenziometrici lineari e trasduttori a corda vibrante. Questi ultimi risentono maggiormente delle variazioni di temperatura e perciò esigono necessariamente di una correzione termica.

La tipologia di ancoraggio più diffusa è di tipo meccanico. In commercio esistono trasduttori con differenti campi di misura e con la possibilità di applicare aste di prolunga in funzione della distanza tra gli ancoraggi e perciò della larghezza della discontinuità da monitorare. La scelta del campo di misura dovrebbe essere fatta in funzione dell’entità dei movimenti attesi. Ove non si sia a conoscenza del reale comportamento della discontinuità è buona norma posizionare il trasduttore a metà corsa per poi, eventualmente, recuperarne la corsa.

Una volta completato il monitoraggio nell’arco di un intero ciclo annuale, gli spostamenti misurati sono graficizzati in funzione del tempo. Sulla base degli spostamenti residui alla chiusura del ciclo annuale possiamo definire se una discontinuità può essere considerata non attiva o attiva.

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Fig. 1. Elaborazione di un modello cinematico nella stabilità dei pendii in roccia

Discontinuità non attiva

Nel caso di discontinuità non attive lo spostamento residuo alla chiusura di un ciclo annuale di misure deve essere necessariamente trascurabile anche se possono essere registrati spostamenti stagionali compresi tra alcuni decimi di mm sino a diversi mm (Fig. 2).

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Fig.2. Grafico degli spostamenti in funzione del tempo rilevati per alcune discontinuità non-attive. Valori negativi indicano un movimento d’apertura della discontinuità. Viene riportato per comparazione anche l’andamento della temperatura dell’aria.

Discontinuità attiva

In caso di discontinuità attive, lo spostamento residuo non è trascurabile ma segnala un movimento di apertura o di chiusura della frattura monitorata. Solitamente il comportamento di una discontinuità attiva appare essere controllato dai cicli termici annuali ai quali l’ammasso roccioso viene sottoposto. Il grafico spostamenti-tempo possiede perciò una forma a ‘gradini’ in cui lo spostamento subito, appare evidente solamente in alcuni mesi dell’anno (Fig. 3).

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Fig. 3. Grafico degli spostamenti in funzione del tempo rilevati per alcune discontinuità attive. Valori negativi indicano un movimento d’apertura della discontinuità. Viene riportato per comparazione anche l’andamento della temperatura dell’aria.

Sulla base dei numerosi casi di studio osservati si può ritenere che ripetuti cicli di raffreddamento e riscaldamento dell’ammasso roccioso favoriscano processi di dilatazione e contrazione termica, generando nel tempo la propagazione delle discontinuità presenti e l’eventuale incremento degli spostamenti lungo i giunti.

Anche se nel breve periodo questi processi generalmente non compromettono la stabilità generale del pendio, la loro ciclicità può dar luogo al progressivo incremento delle deformazioni nell’ammasso roccioso, fino al potenziale evento parossistico.

Caso di studio: comportamento di discontinuità attive in fase di consolidamento di un volume roccioso instabile

L’esperienza maturata in questi anni in numerosi cantieri ci ha dato la possibilità di verificare direttamente la validità del monitoraggio quale strumento di controllo dell’efficacia degli interventi di consolidamento attivo in fase operativa e post opera.

Il caso di studio riportato di seguito si riferisce ad un volume roccioso instabile di dimensioni pari a ca. 120 m3 ubicato a monte di un edificio tutelato in Alto Adige (Fig. 4).
Nel grafico illustrato in Fig. 5 si nota come l’attività delle discontinuità si manifesti anche in fase di tensionamento dei sistemi di ancoraggio ed imbrago installati lungo il pendio. Nelle fasi successive alla tesatura delle funi non si registrano più variazioni nell’apertura e nella chiusura delle fessure monitorate.

Il monitoraggio può pertanto essere mantenuto anche nelle fasi post opera quale valido strumento di verifica dell’efficacia degli interventi di consolidamento eseguiti.

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Fig. 4La porzione rocciosa oggetto di intervento di consolidamento attivo Fe Valdinova

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Fig. 5. Grafico degli spostamenti in funzione del tempo rilevati per la discontinuità principale che definisce sul lato di monte la geometria della porzione rocciosa instabile. Durante la tesatura delle funi di imbrago del blocco instabile monitorato è stato misurato un movimento di chiusura della frattura principale in corrispondenza dei fessurimetri Fe3 e Fe2 rispettivamente di 3,00 mm e 0,50 mm. In fase esecutiva il sistema di monitoraggio installato è stato integrato con 2 trasduttori per il controllo dello stato tensionale delle funi d’imbrago.